LE PAROLE

Quando tutte le parole sai che non ti servono più” cantava Ligabue nella sua triste e malinconica “Il giorno di dolore che uno ha“. Le parole non servono più cantava invece Il Cile nell’omonima canzone. Ma è mai possibile che le parole possano veramente trovare circostanze in cui l’unico valore che hanno è quello di insulsi agglomerati di lettere? Di aver paura di pronunciarle perchè certi non raggiungeranno l’obbiettivo e trovarsi con la stessa delusione che si prova quando da bambini dopo accurati lavori si costruisce un aereoplanino di carta “straganzo” ma al primo lancio si schianta un centimetro più in là della nostra mano che l’ha scagliato?

Ebbene si, capita. Succede a tutti. Volere dire tante cose, cercare di convincere qualcuno, cercare di trovare perdono, di far restare e/o tornare qualcuno ma purtroppo più parole vengono dette e più ti accorgi della loro inutilità. Senti che non puoi non parlare, devi dire qualcosa per cambiare le cose ma a volte siamo impotenti davanti a un muro insormontabile e indistruttibile. Quando le parole sono la nostra unica arma e scudo si resta completamente spiazzati e spaesati. Chi ce lo fa fare di continuare a lottare con una pistola scarica e con uno scudo a pezzi? Non lo so, quel chi non lo conosco ma anche senza l’incoraggiamento di quel chi mi butto nella sparatoia sperando di trovare il tempo per caricare la pistola e che qualche parola-proiettile colpisca il bersaglio. Ma nell’attesa sssssshhhh… solo silenzio…

“Le parole non servono più per riaverti, le canzoni che ho scritto per te rotte in mille pezzi”

Le parole, esistono parole di ogni tipo. Ogni gusto. Il gusto dolce dell’amore e dell’affetto, l’amaro del disincanto e le disgustose parole d’odio e d’offesa.

LE TUE PAROLE – Nazim Hikmet

In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini

La parola è l’unica arma che non richiedo licenza per essere usata, questo non significa non la si debba maneggiare con cura.

IO TEMO LA PAROLA DELL’UOMO – Rainer Maria Rilke

Io temo tanto la parola degli uomini.
Dicono sempre tutto così chiaro:
questo si chiama cane e quello casa,
e qui è l’inizio e là è la fine!

E mi spaura il modo, lo schernire per gioco,
che sappian tutto ciò che fu e che sarà;
non c’è montagna che li meravigli;
le loro terre e giardini confinano con Dio!

Vorrei ammonirli, fermarli; state lontani!
A Me piace sentire le cose cantare!
Voi le toccate diventano rigide e mute!
Voi mi uccidete le cose!

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Abbiamo moltissime parole, difficilmente ne conosciamo tutte ma quelle per pensare e parlare sono poche e fondamentali… andiamo a cercarle insieme a Gianni Rodari

PAROLE – Gianni Rodari

Abbiamo parole per vendere,
Parole per comprare,
Parole per fare parole.

Andiamo a cercare insieme
Le parole per pensare.
Andiamo a cercare insieme
Le parole per pensare.

Abbiamo parole per fingere,
Parole per ferire,
Parole per fare il solletico.

Andiamo a cercare insieme,
Le parole per amare.
Andiamo a cercare insieme
Le parole per amare.

Abbiamo parole per piangere,
Parole per tacere,
Parole per fare rumore.

Andiamo a cercare insieme
Le parole per parlare.
Andiamo a cercare insieme
Le parole per parlare.

Le parole, sono soggette al consumo e prima o poi verranno dimenticate o estinte come per alcune specie di animali o proseguiranno la loro vita e condiranno la nostra sempre allo stesso modo?

PAROLE SUPERFLUE – Mercedes Carranza
A tradimento ho deciso oggi,
martedì 24 giugno,
di assassinare alcune parole
Amicizia è condannata
al rogo, per eresia;
la forca spetta
ad Amore perché illeggibile;
non sarebbe male il vile randello,
per apostasia, per Solidarietà;
la ghigliottina come un lampo,
deve fulminare Fratellanza;
Libertà morirà
lentamente e con dolore;
la tortura è il suo destino;
Uguaglianza merita la forca
per essersi prostituita
nel peggior bordello;
Speranza è già morta;
Fede soffrirà la camera a gas;
il supplizio di Tantalo, perché disumana,
se lo prende la parola Dio.
Fucilerò senza pietà Civiltà
per la sua barbarie;
berrà la cicuta Felicità.
Resta la parola Io. Per essa,
per la tristezza, per la sua atroce solitudine,
decreto la peggiore delle pene:
vivrà con me fino
alla fine.

Chiudiamo la settimana all’insegna delle parole riflettendo su chi le parole ce le deve insegnare in tenera età, ovvero la scuola, e per farlo ci aiutiamo analizzando quelle che unite vanno appunto a formarle le parole, ovvero le lettere. 

L’ALFABETO – Don Milani

A

AMORE: “Il desiderio di esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l’amore. Per cui essere maestro, essere sacerdote, essere artista, essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa”.

 B

BOCCIARE: “Bocciare è come sparare su un cespuglio: forse era un ragazzo, forse una lepre: si vedrà a comodo”.

 C

COTTIMO: (Agli insegnanti) “Io vi pagherei a cottimo. Un tanto per ogni ragazzo che impara tutte le materie. O meglio, multa per ogni ragazzo che non ne impara una. Allora l’occhio vi correrebbe sempre su Gianni. Cerchereste nel suo sguardo distratto l’intelligenza che Dio ci ha messa uguale agli altri. Lottereste per il bambino che ha più bisogno, trascurando il più fortunato, come si fa in tutte le famiglie. Vi scegliereste di notte col pensiero fisso su lui a cerare un modo nuovo di far scuola, tagliato a misura sua. Andreste a cercarlo a casa, non vi dareste pace perché la scuola che perde Gianni non è degna di essere chiamata scuola”.

D

DIPLOMA: “Giorno per giorno (alcuni ragazzi) studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. Lingue, storia, scienze tutto diventa voto e null’altro. Dietro a quei fogli di carta c’è solo l’interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno di voi lo dice, ma stringi stringi il succo è quello”.

E

ESSERE POVERI: “La povertà non si misura a pane, a casa, a caldo, ma sul grado di cultura e sulla funzione sociale”.

 F

FRONTIERE: “Ai miei ragazzi insegno che le frontiere son concetti superati”.

G

GIUSTIZIA: “La più accanita (professoressa) protestava che non aveva mai cercato e mai avuto notizie sulle famiglie dei ragazzi. ‘Se un compito è da quattro, io gli do quattro’. E non capiva, poveretta, che era proprio di questo che era accusata. Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali tra disuguali”.

 H

HO DA DIRVI: (Prima di morire ai ragazzi di Barbiana) “Ragazzi mi date molto di più di quello che ho dato a voi. Quanto è bella l’amicizia, specialmente in situazioni simili”.(…)

“Chi non si abbandona alla morte vuol dire che prima non si è abbandonato alla vita, alle passioni e all’amore”.(…) “Mi sono fatto cristiano e prete solo per spogliarmi di ogni privilegio; ora mi sento l’ultimo anch’io”.

 I

I CARE: “Sulle pareti della mia scuola c’è scritto grande ‘I care’. E’ il motto intraducibile dei giovani americani migliori: ‘Me ne importa, mi sta a cuore’. E’ il contrario esatto del motto fascista ‘Me ne frego’”.

L

LEGGE: “Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste: Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.

 M

MAESTRO E PROFETA: “Il maestro deve essere per quanto può un profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e noi vediamo solo in modo confuso”.

 N

NON TI FIDARE: (A Pipetta, una giovane attivista comunista di Cadenzano) “E’ un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori. Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocefisso”.

 O

OSPEDALE: “Lo abbiamo visto anche noi che con loro (i ragazzi difficili, i bocciati) la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola: è un ospedale che cura i sani e respinge gli ammalati”.

 P

PAROLA: (Ai suoi ragazzi) “Ogni parola che non conosci è una pedata in più che avrai nella vita”.

 Q

QUATTRO: “Consegnandomi un tema con un quattro lei mi disse: ‘Scrittori si nasce, non si diventa’. Ma intanto (lei professore) prende lo stipendio come insegnante di italiano. La teoria del genio è un’invenzione borghese. Nasce da razzismo e pigrizia mescolati insieme”.

 R

RASOIO: “La scuola siede tra passato e futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi sul filo del rasoio: da un lato formare il loro senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori, cioè di senso politico”.

 

S

SCUOLA: “Il fine ultimo della scuola è dedicarsi al prossimo; quello immediato, da ricordare minuto per minuto; è di intendere gli altri e di farsi intendere”.

 T

TRAGEDIA: “Quale tragedia più grossa di essere derisi dai poveri?”.

 U

UGUAGLIANZA: “Perché il sogno dell’uguaglianza non resti un sogno, vi proponiamo treriforme:

1- Non bocciare

2- A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno

3- Agli svogliati basta dargli uno scopo”.

 V

VITA: (Al momento del trasferimento a Barbiana) “La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta e neanche le possibilità di fare il bene si misurano sul numero dei parrocchiani”.

 Z

ZUCCONE: “Chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse fatta per lui. Finchè non aveva capito, gli altri nonndavano avanti”.

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