FIGLIO DELLE STELLE

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Matteo era un esile e gracile ragazzo di 16 anni, timido e introverso frequentante il terzo anno di ragioneria. Si potrebbe parlare di lui come di un qualsiasi altro ragazzo non fosse per la sua vita segnata dalla solitudine. Matteo infatti non aveva mai fatto amicizia con nessuno e non parlava mai se non con i suoi genitori e… con le stelle. Si! Matteo aveva questo malvisto vizio di parlare alle stelle. Ogni sera, prima di andare a letto, saliva su una piccola collinetta posta dietro casa sua, si sdraiava e fissava le stelle donando loro tutte le parole che aveva risparmiato e trattenuto in quella giornata.

Questa sua fama di conversatore con i corpi celesti luminosi aveva ben presto fatto il giro del piccolo paese in cui viveva e frazioni limitrofi per non parlare poi del fatto che tra i compagni di scuola giravano barzellette e battute sul suo povero conto. D’altronde era un bersaglio facile e quando si trova una così possibile ricca fonte di popolarità i ragazzi non se la fanno fuggire, vi era proprio una gara alla battuta più divertente sul suo insolito carattere.

La svolta nella silenziosa vita di Matteo avvenne così d’improvviso quando il suo istituto scolastico, nella smania della sempre più divagante imitazione statunitense, avvallò l’insolita proposta di indire una gara di ballo della scuola obbligandone la partecipazione a tutti gli studenti pena l’abbassamento del voto in condotta. Matteo il cui rendimento scolastico era a dir poco eccellente, non aveva alcun intenzione di veder decurtato così un suo voto. Doveva e voleva quindi partecipare al ballo ma un ostacolo, forse per lui insormontabile, si presentava. Il ballo era aperto esclusivamente alle coppie.

Da quando aveva saputo della serata di ballo il tempo che passava sulla collinetta era maggiore e aumentava via via che l’evento si avvicinava. Se avesse potuto ballare con una stella sarebbe stato tutto più facile pensava. A loro aveva sempre parlato e loro l’avevano sempre ascoltato cosa che invece non aveva mai fatto con nessuna persona figurarsi con una ragazza.

Quando la festa era ormai prossima e lui ormai era rassegnato a non presentarvisi successe che una ragazza, d’aspetto carino anche se trascurato e molto impacciata, gli si avvicinò nei corridoi della scuola e gli chiese in modo balbuziente se l’avesse accompagnata al ballo. Per risposta Matteo annui con un cenno della testa non palesando quella gioia che in realtà gli stava esplodendo dentro. La ragazza si presentò come Asia, frequentante ovviamente lo stesso istituto e al 5° anno di geometra. Non ottenendo da Matteo alcuna risposta e alcuna informazione sul suo conto lo salutò dandogli appuntamento alla sera del ballo.

Arrivò quindi la sera del ballo. Quando Matteo entrò nella palestra della scuola che ospitava la serata al fianco di Asia si trovò di fronte una scena tutt’altro che coinvolgente. Gran parte dei ragazzi sedevano ai tavoli, in mano sfoggiavano l’ultimo modello di smartphone con la quale navigavano e conversavano sui social network, altri ragazzi si reggevano a fatica in piedi circondati da un’innumerevole quantità di bottiglie dei più svariati alcolici vuote. I pochi che ballavano si dimenavano in modo quasi epilettico su canzoni che ignoravano l’esistenza delle 7 classiche note ma ripetevano un’unica nota tecnologica il cui unico suono ottenuto era un fastidioso e ripetuto TUNZ e non vi era alcun contatto fisico fra le coppie. L’unica coppia che si dedicava ad un valzer fuori contesto era quella formata dalla professoressa d’italiano e il professore di educazione fisica.

Quando la maggior parte dei presenti si accorse di Matteo decise di movimentare la serata cominciando a schernirlo. Volarono così insulti e risate ironiche non nascoste ma proprio di fronte lui. Asia prima di finire al centro delle offese si delineò e prese da lui le distanze. Matteo scappò fuori nel cortile sempre nel suo silenzio. Quando Asia lo raggiunse lo trovò in piedi fermo con lo sguardo fisso sul firmamento.

“Devi ammettere che sei un ragazzo strano” disse Asia osando interrompere quel silenzio che si era creato “Non è normale parlare alle stelle”.

“Io sono un ragazzo strano? Non è normale parlare alle stelle?” rispose Matteo cogliendo di sorpresa Asia e proseguì “Non è strano parlare tramite social network con la persona che magari abita solo di fronte a casa tua? Non è strano passare le proprie serate come fanno quei ragazzi là dentro che non si reggono in piedi e se arrivano a casa lo fanno strisciando? Non è anomalo essere in compagnia di tante persone ma non parlarci perché isolati da delle cuffie sulle orecchie? Io non converso con le stelle, non sono matto, so che non potranno mai rispondermi in modo diretto. Io a loro lancio tutti i miei desideri, i miei sogni, le mie speranze certo che qualcuno in qualsiasi parte del mondo fissando anche lui il cielo possa scorgerli e rendersene partecipe”.

“Credi davvero che tutti i ragazzi siano come tu li descrivi?” esordì Asia “Esistono ragazzi che giocano per strada, ridono e scherzano. Non tutti passano le loro giornate sui social network, non tutti cercano divertimento nei bicchieri di alcol. Esistono milioni di ragazzi come te e in fondo anche come me che sanno non essere vuoti come tu stai generalizzando. Anche lì dentro in quella palestra li puoi trovare. Perché non te ne accorgi? Perché come tutti dai più importanza e peso a chi invece fa di tutto per darti ragione, perché sono quelli che fanno più “notizia” o “scalpore”. Non parleranno forse alle stelle come te ma ogni tanto un occhio in su lo buttano, gioiscono per quanto sono belle quelle stelle e magari per un attimo non pensano al buio che potrebbe attenderli nel futuro di questa società sempre pronta a giudicarli male anziché accoglierli a braccia aperte e lasciargli il mondo nelle mani come è giusto che sia. Siamo un po’ tutti figli delle stelle”.

Matteo continuava a fissare il cielo con gli occhi lucidi. Si voltò poi verso Asia. La prese tra le braccia e disse “Ti devo un ballo” e diedero il via a una dolce e intensa danza stretti l’uno all’altro sotto a quel firmamento di stelle che sembravano brillare ancora più intensamente riflesse nei loro occhi.

Da allora Matteo era un po’ meno silenzioso e molto meno solo, sulla collinetta ci andava ancora ma ora era solito portarci gli amici e le stelle non sembravano affatto gelose di quell’insolita compagnia.